Perché l’Occidente ha smarrito gli strumenti concettuali per pensare la pace e non riesce a definirla se non riducendola a un generico rifiuto delle armi o a una mera assenza di guerra? Sergio Cotta, tra i maggiori filosofi del diritto del nostro Paese, pone all’origine di questo fenomeno le teorie che, da Eraclito a Hobbes e a buona parte del pensiero contemporaneo, vedono nel conflitto l’elemento costitutivo di una visione antropologica negativa e come appiattita sulla prospettiva del fare-creare-distruggere. Per capire la natura della pace occorre guardare a un’altra linea di pensiero che, da Platone ad Agostino, da Leibniz a Husserl e Lévinas, invita a conoscere se stessi, alla ricerca della verità, all’incontro con l’altro. Se l’essenza originaria e universale dell’umano è relazionale, comunicativa, solidale, accogliente, allora la pace è il suo dato primario e la guerra è solo una condizione “parassita”, una trasgressione rispetto alla verità della coesistenza civile.
Sergio Cotta (1920-2007), Accademico dei Lincei, ha insegnato Filosofia del diritto nelle università di Perugia, Trieste, Firenze e Roma (“La Sapienza”). Tra le sue pubblicazioni, nel catalogo Scholé: Perché il diritto? (2017, Introduzione di Francesco D’Agostino) e Perché la violenza? Una interpretazione filosofica (2018, Introduzione di Pier Paolo Portinaro).
- sottotitolo
- Premessa di Gabriella Cotta
- autore
- Sergio Cotta
- editore
- SCHOLE'
- pagine
- 208
- prezzo in euro
- 16
- anno pubblicazione
- 2022
- collana
- ORSO BLU
- EAN
- 9788828404385
- CategoriaEditore
- V
- CodiceStatoDisp
- D