Il male radicale in Kant
Da dove proviene il male?, si chiede Kant. Il male è radicale, è inscritto nell’uomo proprio in quanto libero. Una prospettiva con la quale la filosofia contemporanea non ha potuto esimersi dal fare i conti – si pensi alla dialettica tra radicalità e banalità del male come costante interrogazione nel pensiero di Hannah Arendt. Una domanda che Jaspers già aveva preso sul serio, rispondendo alla Arendt: «questo male è banale, non il male». Perché il male ha una natura così problematica da non potersi ridurre a opposizioni. La stessa radicalità di cui parla Kant non va intesa come un “corpo estraneo” con cui giustificare la tensione fra caduta originaria e libero arbitrio dell’uomo. Jaspers si spinge oltre l’idea di libertà: il male è enigma e di esso si può dire solo dove non può avere fondamento. Non appartiene alla sensibilità – perché non siamo padroni delle nostre inclinazioni naturali – né alla ragione che è depositaria della legge morale. Il male, come figura del limite umano, in queste pagine pare persino dischiudere all’uomo la possibilità della “grazia”: essa non è forse anche guadagnata dall’uomo, e non solo gratuitamente “data” da Dio? Una prospettiva che pone Jaspers nel solco del pensiero religioso liberale.
KARL JASPERS (1883-1969) è stato uno dei maggiori filosofi tedeschi del Novecento. Presso la Morcelliana ricordiamo: Il problema della demitizzazione (con R. Bultmann, 2018 2ed.) e Lo spirito europeo (2019 2ed.).
- Autore
- Karl Jaspers
- Titolo
- Il male radicale in Kant
- A cura di
- Roberto Celada Ballanti
- Marchio editoriale
- Morcelliana
- Pagine
- 88
- Collana
- Pellicano Rosso
- CategoriaEditore
- V
- CodiceStatoDisp
- D
- Anno di pubblicazione
- 2010